Oltre agli animali selvatici, anche gli animali domestici rischiano l’estinzione. Stando a quanto sostiene un recente report curato dalla FAO, infatti, sono ben il 17% le specie di animali domestici che oggi rischiano l’estinzione, rappresentando un importante segnale di pericolo per la sicurezza alimentare del Pianeta.
Per quanto concerne le determinanti principale dell’evoluzione di una simile situazione, lo studio riconduce alla diminuzione della biodiversità e all’allevamento intensivo le cause fondamentali, con il secondo che ha privilegiato animali più adatti a produrre carne e latte, e ha invece posto ai margini quelli che sembrano essere meno idonei alla produttività per uso alimentare, la cui scomparsa non sarebbe tuttavia priva di effetti ma – di contro – sarebbe in grado di generare un danno tangibile e significativo alla biodiversità e al patrimonio zootecnico e genetico.
Tra le principali specie a rischio di estinzione presenti in Italia, lo studio FAO indica la Capra Argentata dell’Etna, tra i maiali la Mora Romagnola e il Suino delle Nebrodi e tra le pecore la Rosset, l‘Istriana e la Brigasca. In tal senso, gli animalisti sottolineano come a causa del referendum popolare che tempo fa ha abolito il Ministero dell’Agricoltura, passandone le competenze in materia alle regioni, è sparito un piano nazionale di salvaguardia a difesa della biodiversità e degli animali a rischio la cui difesa è pertanto affidata alle regioni che, in materia, hanno normative differenti e… in alcuni casi non ne hanno affatto.
Gli esempi non mancano. La Regione Campania ha previsto degli aiuti per la “promozione di sistemi di produzione agricola o di specifiche tecniche colturali e di allevamento orientati alla gestione sostenibile delle risorse naturali, salvaguardia della biodiversità e del paesaggio agricolo”, nella misura di 200 euro annui per ogni unità di bestiame su attività di allevamento di razze autoctone minacciate di abbandono.
Anche altre regioni hanno agito in tal senso. È il caso della Calabria, che ha stanziato 200 euro per unità di bestiame per quelle razze che si stanno estinguendo, come il maiale calabrese o la capra dell’Aspromonte. Un contributo attivo per non disperdere definitivamente un patrimonio da tutelare.