Un nuovo studio condotto dallo psicologo Jeremy Rand e dai sui colleghi si pone in diretta controtendenza rispetto a quanto sembrava essere stato svelato dalla maggioranza della letteratura scientifica in tale ambito, ovvero che agli animali domestici andassero attribuiti meriti come la migliore responsabilizzazione dei più piccoli, o ancora la riduzione del rischio di contrarre malattie quali asma, obesità, allergie.
Pubblicata sull’ultimo numero di Anthrozoos, gli autori descrivono la propria ricerca come la più ampia mai condotta (circa 2.000 bambini con animali domestici, e circa 3.000 bambini senza animali domestici), rilevando che molte delle connessioni che superficialmente sono state attribuite negli ultimi anni al rapporto tra pet e bambini, sarebbero definitivamente da smentire.
Lo studio asserisce infatti che non sia possibile trovare delle evidenze che i bambini cresciuti in famiglie con cani e con gatti stessero meglio, in termini di salute, rispetto a quelli che sono cresciuti in famiglie che non hanno animali domestici. Dal questionario è comunque emerso che in effetti i bimbi in famiglie con animali avevano una migliore salute generale, pesavano un po’ di più e spesso facevano più attività sportiva di chi invece era nato in famiglie senza cani e gatti.
Tuttavia, è anche emerso che nei bambini con animali domestici era anche più elevato il numero di casi di ADD (sindrome da deficit di attenzione) o ADHD (disturbo da deficit di attenzione / iperattività), che riguarda oggi più del 10% dei bambini americani. Inoltre, nel momento in cui i ricercatori hanno provato ad aggiungere altre variabili nell’analisi (come le lingue parlate, la tipologia di abitazione, e così via), l’associazione tra la migliore salute dei bambini e la presenza di animali in casa è praticamente scomparsa.
Lo studio ha naturalmente sollevato qualche polemica tra chi ritiene che invece gli animali domestici possano apportare degli evidenti benefici tra i bambini, sottolineando come la ricerca – pur ampia nel suo campione – abbia sottovalutato alcuni elementi, come ad esempio il calcolo del tempo in cui il bambino è stato a contatto con l’animale domestico, e così via.
Meglio allora attendere altri studi, e cercare di capire se gli effetti a lungo termine siano realmente quelli elaborati…